Dickens a Carrara

Сarrara ha da sempre attirato l’interesse non solo di artisti italiani e stranieri, ma anche di molti intellettuali e scrittori, tra questi Charles Dickens (Portsmouth 1812 – Higham 1870).

Probabilmente per molti di noi, fatta eccezione per qualche studioso, il suo passaggio a Carrara, avvenuto nel gennaio del 1845, è passato inosservato, ma per fortuna il resoconto di viaggio, Pictures of Italy, insieme all’ epistolario hanno custodito gelosamente le sue memorie su Carrara, che sono giunte a noi intatte come appena uscite dalla penna dello scrittore.

Il viaggio in Italia di Charles Dickens non rappresenta sicuramente un’eccezione. Prima di lui, molti intellettuali e scrittori inglesi appartenenti ai ceti più abbienti della società inglese avevano visitato il nostro paese ed erano rimasti estasiati per le sue rovine, testimonianza di un glorioso passato, e per le straordinarie opere d’arte. In particolare Venezia, Firenze, Roma e Napoli furono le tappe principali del Grand Tour, che rappresentava soprattutto per i giovani intellettuali aristocratici inglesi,  la massima esperienza formativa culturale ed umana.

Charles Dickens secondo la tradizione, visitò Venezia, Firenze, Roma e Napoli ma giunse anche a Carrara. La città, conosciuta per il marmo bianco unico al mondo, e per aver dato i natali a eminenti scultori come Pietro Tacca e Pietro Tenerani e che legava il suo nome al grande artista di tutti i tempi, Michelangelo, non era mai rientrata nelle tappe classiche del Grand Tour prima di allora. La visita di Dickens nella città apuana rappresenta un cambiamento di tendenza tra le mete preferite dagli inglesi in Italia nella metà dell’Ottocento.

A tal riguardo, la studiosa Isabella Caccioli scrive: “L’aver rivolto l’attenzione a città secondarie, come Carrara ad esempio, o di aver scelto di stanziarsi a Genova non costituiva tuttavia qualcosa di singolare , poiché ai tempi di Dickens era già tramontato l’imperativo delle tappe esclusivamente in città d’arte, che , per tutto il Seicento e Settecento, ma ancora in epoca neoclassica, aveva reso la discesa nel Bel Paese alla stregua di un pellegrinaggio intellettuale, per far posto ad un modello dove fosse più possibile entrare nello spirito italiano, con soste anche prolungate e con studio della lingua. Con la fine delle guerre napoleoniche , si era, infatti, mosso alla volta della penisola “giardino del mondo”, come la definì Byron, un nuovo tipo di viaggiatore britannico, appartenente alla classe media, meno interessato agli aspetti aulici e colti, preferendo quelli umani e di costume, come ben testimoniato dai coevi regesti di memorie tutti tesi ad illustrare usanze, tradizioni, comportamenti e via dicendo.”

Era il luglio del1844 quandoCharles Dickens, con la sua numerosa famiglia e parte della servitù, giunse a Genova, dove stabilì la sua residenza per un anno, spostandosi da solo o con la moglie prima nell’Italia Settentrionale e poi nel Sud fino a Napoli.A Genova la famiglia Dickens visse prima ad Albaro, nella Villa Bagnarello, attuale Villa Barabino, poi in città nella Villa Pallavicini, detta Le Peschiere.

Al suo arrivo in  Italia Dickens era un giornalista e scrittore già affermato: si era infatti imposto all’attenzione del pubblico inglese con diverse opere Sketches by Boz (1836), The Pickwick Papers (1836), Oliver Twist (1837-1839), Racconto di Natale (1843),sulle riviste The Morning Chronicle e Monthly Magazine.

Due anni prima, esattamente il 4 gennaio del 1842 aveva visitato gli Stati Uniti  con la moglie: un viaggio in cui aveva toccato Boston, New York, Philadelphia, Washington, Richmond, Pittsburgh, Cincinnati, Saint Louis quest’ultima raggiunta a bordo di un battello a vapore, lungo il fiume Mississippi.

Della presenza di Dickens a Carrara ce ne parla diffusamente Alessandro Volpi, il quale analizza e commenta in particolare la descrizione del lavoro nelle cave di cui ci parla Dickens in Pictures from Italy . In modo particolare lo studioso mette in evidenza ciò che aveva colto Dickens visitando le cave di Carrara, ovvero il contrasto tra la delicatezza e l’armonia delle sculture contrapposto al dolore e alla sofferenza cui erano sottoposti uomini e animali nelle cave.

Prima di Dickens altri inglesi avevano visitato la capitale del marmo, tra questi la ricca signora inglese Catherina Taylor che era giunta a Carrara nel 1840; Frances Trollope (1780-1863) scrittrice e madre dello scrittore vittoriano Anthony Trollope (1815-1882), che, arrivata a Carrara nel 1841, ci lascia delle interessanti descrizioni della nostra città. Tra queste, vale la pena citare la critica severa che la scrittrice muove al Duca di Modena, responsabile, secondo lei, dell’arretratezza in cui versava l’economia apuana rispetto all’industrializzata Inghilterra. Secondo la Taylor era lo stesso Duca ad impedire ai visitatori, limitando quindi un avvio del turismo, di vedere le cave per non mostrare che l’organizzazione del lavoro versava in pessime condizioni di arretratezza.

Un’altra grande figura di spicco del mondo culturale britannico che visitò Carrara nel 1840 fu John Ruskin (1819-1900) che scrisse una poesia dedicata alle Alpi Apuane “The hills of Carrara” (1856) e realizzò diversi disegni sulla botanica e la geologia delle montagne carraresi. Molti altri scrittori scrittori e critici d’arte inglesi passarono da Carrara senza fermarsi, ma la ricordano comunque nelle loro opere: Walter Pater (1839-1894), Oscar Wilde (1854-1900), Robert Browning (1812-1889) e John Stuart Mill (1806-1873). Tutti questi intellettuali inglesi furono colpiti dalla maestosità della Alpi Apuane viste dalla costa, passando lungo la strada che collega Genova con Livorno.

Ricordiamo in particolare R. Browing che passando lungo questa strada ebbe a dire : Andammo lungo la costa verso Spezzia, vedemmo Carrara con le montagne di marmo bianco, attraversammo foreste di olivi e di vigneti, viali di alberi di acacia, di castagni, la  grande sorpresa di uno degli scenari più belli.

Ma quale fu il motivo che spinse Charles Dickens a venire in Italia? L’obiettivo prioritario era quello di staccare per un anno dal lavoro e di rilassarsi in un clima e in un ambiente diverso dalla Londra vittoriana. Naturalmente era sua intenzione vedere tutto quello che gli era possibile e poi scrivere un resoconto come aveva fatto per il suo viaggio in America.

Leggendo attentamente la corrispondenza epistolare scritta tra il 1844 e il 1846, si nota che molte delle lettere che Dickens scrive durante il suo viaggio in Italia sono indirizzate a Emile de La Rue (1802-1870). Emile De la Rue era un uomo d’affari svizzero che si era inserito nel circuito delle principali imprese bancarie e finanziarie genovesi. La famiglia de La Rue insieme ad altre famiglie britanniche residenti a Genova non erano semplicemente unite da stretti rapporti ed interessi commerciali ma avevano intrecciato legami di parentela sia tra di loro che con la borghesia genovese. La prima banca straniera operante in città venne fondata infatti dalle famiglie De la Rue e Heath, che curarono a lungo gli interessi finanziari di Raffaele De Ferrari duca di Galliera.

Il fatto che Dickens conoscesse la famiglia De La Rue è un fatto normale visto i rapporti tra Emile de La Rue e gli inglesi che risiedevano a Genova, tuttavia nel caso specifico, questa conoscenza era legata alle pratiche  mesmeriste allora diffuse in Inghilterra: anche Dickens ne aveva subito il fascino, era diventato un mesmerista e attraverso il magnetismo animale e dei minerali curava le persone che erano affette da disturbi di tipo nevrotico e psichiatrico.

In Gran Bretagna il mesmerismo, dal nome del un medico viennese Anton Mesmer (1734-1815), che negli Sessanta e Settanta del Settecento aveva inventato questa pratica, ebbe una ampia diffusione soprattutto negli anni Trenta dell’Ottocento, grazie al medico John Elliotson (1791-1868), professore di medicina presso il London University College. Lui stesso praticava il mesmerismo soprattutto a pazienti che dovevano subire un intervento chirurgico, alleviando loro il dolore. Dickens fu molto attratto da Elliotson e fu proprio attraverso di lui che apprese la tecnicae cominciò a trattare prima la moglie Catherine poi la cognata Georgina e infine Madame Auguste De La Rue, moglie del banchiere svizzero. La donna soffriva di disturbi nervosi e sembrava che il mesmerismo praticato da Dickens alleviasse le sue sofferenze. Spesso lo chiamava anche nel mezzo della notte e una volta tornato in Inghilterra, si dice che lo scrittore la curasse anche a distanza. Tornato però alla sua vita professionale di giornalista e di scrittore abbandonò  il mesmerismo anche perché in Inghilterra aveva cominciato a perdere terreno in quanto considerato più una forma di depravazione morale che una vera e propria terapia.

Il soggiorno di Dickens a Carrara è citato in quattro fonti in lingua inglese: The letters of Charles Dickens , che comprendono la corrispondenza epistolare scritta dal 1820 al 1867,  di queste in particolare, le lettere scritte nel periodo compreso tra il 1844 e il 1846; Pictures from Italy, pubblicato per la prima volte nel 1846 che è il resoconto del viaggio fatto in Italia e The life of Charles Dickens scritto da John Forster (1812-1876), critico letterario, scrittore e biografo inglese amico e contemporaneo di Dickens che nel Book Fourth: London and Genoa (1843-1845), esattamente nel capitolo VII intitolato Last month in Italy viene citata la visita di Dickens a Carrara. In questo testo non vi è nulla di nuovo rispetto a quello che Dickens scrisse nelle lettere e nel suo resoconto di viaggio che quindi rappresentano le fonti principali per la ricostruzione dei due soggiorni dello scrittore a Carrara. Naturalmente è necessario fare una distinzione ben precisa tra i due generi letterari, ovvero tra le lettere che sono scritte di getto e quindi presentano le descrizioni molto vive e reali di quello che Dickens vide e il resoconto di viaggio che invece altro non è che una rielaborazione dei ricordi di ciò che aveva visto in Italia, nonostante l’uso di from nel titolo quasi a voler dire che quello che descrive avviene in Italia. Le lettere q presentano un linguaggio semplice e spesso mancano tutte quelle riflessioni che ha invece la scrittura meditata e mediata dal ricordo che è possibile rintracciare in Pictures from Italy. Nel primo capitolo di Pictures from Italy, intitolato Il passaporto del lettore Dickens dichiara apertamente che quello che il letttore leggerà sono solo ricordi del suo viaggio: “This book is a series of faint reflections – mere shadow in the water – places to which the imaginations of most people are attracted in a greater or less degree, on which mine had dwelt for years, and which have some interests for all. the greater part of the descriptions were written on the spot, and sent home, from time to time, in private letters.” Entrambi i testi, il travelogue e le lettere, sono quindi fondamentali per una puntuale e precisa ricostruzione storica del suo soggiorno a Carrara. Pictures from Italy ha il suo antecedente nel American Notes che è il racconto del viaggio effettuato dallo scrittore nel Nord America dal gennaio al luglio 1842 e pubblicato nell’ottobre dello stesso anno.

Pictures from Italy rappresenta sicuramente un’opera minore all’interno della vasta produzione letteraria di Dickens. Il testo è caratterizzato dall’assenza di annotazioni botaniche e geologiche come presentano molti altri diari di viaggi scritti dai suoi contemporanei, possiamo dire che Pictures ofrom Italy rientra in quel filone letterario inaugurato A Sentimental Journey through France and Italy (1876) di Laurence Sterne (1713-1768). La descrizione del viaggio si caratterizza proprio per il fatto che lo scrittore non descrive i paesaggi, i monumenti, le opere d’arte o i personaggi celebri incontrati, ma esprime le sue sensazioni su ciò che vede e chi incontra, il testo diventa quindi una sorta di esperienza intima, tanto cara ai Romantici. Sempre nel Settecento inglese è possibile ritrovare ancora un’altra opera abbastanza simile a Pictures of Italy, Travels in France and Italy (1776) di Tobias Smollet (1721-1771), dove è fortemente presente una vena umoristica relativa agli uomini e alle consuetudini che incontra nei due paesi.

E’importante ricordare che in quel tempo, accanto alla letteratura vera e propria, esisteva anche una copiosa produzione di guide turistiche, infatti esaurito ormai il Grand Tour, cominciava a diffondersi il cosiddetto turismo di massa che si sarebbe poi sviluppato nel corso dell’Ottocento e sarebbe lungo il Novecento fino ad arrivare ai giorni nostri.

E’ opportuno fare una distinzione tra guidebook e travelogue, il primo fa riferimento alla classica guida turistica, invece il secondo è un vero e proprio resoconto di viaggio. Pictures of Italy può essere considerato un travelogue a tutti gli effetti in quanto era proprio nell’intenzione di Dickens di scrivere un resoconto di viaggio dove volutamente non dà informazioni precise di carattere storico e artistico dei luoghi visitati come nei guidebook, bensì impressioni e sensazioni sui luoghi visitati. Dickens pone quindi una sorta di distanza tra il suo Pictures from Italy e il popolarissimo John Murray’s Handbook for Travellers che apparve per la prima volta nel 1836 e che comunque sicuramente consultò.

Charles Dickens giunge a Carrara il 21 gennaio 1845. Come poteva apparire la città in quell’epoca agli occhi di un visitatore britannico? In quel periodo il Ducato di Massa e Carrara era sotto la guida di Francesco IV Duca di Modena e arciduca d’Austria, figlio di Maria Beatrice. Il Duca che portò numerosi benefici alla città di Massa, trascurò non poco Carrara che versava in uno stato di arretratezza economica disastrosa. Nonostante ciò il centro era animato da numerosi laboratori di scultura; se ne stimano circa una settantina all’interno della cerchia delle antiche mura e proprio negli anni quaranta dell’Ottocento la città aveva cominciato la sua espansione al di fuori del centro storico.

Charles Dickens arrivò a Carrara grazie all’amicizia con lo scultore scozzese Angus Fletcher (1799-1862). Fletcher risiedeva a Londra e spesso veniva a Carrara per l’acquisto del marmo. Lo scultore era in stretto rapporto d’affari con l’inglese William Walton, il quale nel 1845, quando Dickens arrivò a Carrara, viveva ormai da circa cinque anni nella città del marmo e aveva avvio inizio alla sua attività imprenditoriale. Conferma di quanto appena detto è John Forster che nel suo The life of Charles Dickens scrive: “Avevamo lasciato Pisa quella mattina e Carrara il giorno prima; in quest’ultima lo aveva atteso un’ovazione, il risultato dello zelo del nostro eccentrico amico Fletcher, che gli era capitato di stare là da un mercante di marmo”.

In Letters from Italy esattamente nella lettera datata 24 marzo 1844 inviata da Dickens ad Angus Fletcher compare come indirizzo del destinatario Angus Fletcher Accompagnatore Fermo Posta Carrara, ciò significa che Fletcher in quel momento si trovava a Carrara. L’unico ufficio postale a Carrara in quel tempo era in Via Alberica oggi Via Loris Giorgi. Nella lettera Dickens, rimprovera l’amico per non essersi presentato mercoledì venti marzo a una cena a casa sua a Londra. Dickens aveva annunciato agli ospiti che Fletcher sarebbe arrivato: “Fletcher – un uomo puntale- sta rientrando dall’Italia e  sarà qui alle cinque e mezzo in punto”, in realtà non si presentò suscitando in Dickens parecchio imbarazzo davanti agli invitati. Nella medesima lettera Dickens dice all’amico Fletcher che vorrebbe stabilirsi in un luogo in Italia che gli permetta di spostarsi facilmente, forse Pisa, da dove poi potrebbe procedere verso sud (12). Successivamente Dickens fa riferimento a Carrara: “E ora , mio moderno Canova, non so dove sia Carrara, non so dove sia alcun luogo in realtà. Ma se tu verrai a Pisa per incontrarci noi ne saremo molto contenti”. Si può dedurre che probabilmente Fletcher gli avesse parlato di Carrara in quanto lo scultore si trovava in città.

Angus Fletcher non era uno scultore molto conosciuto, era nato a Edinburgo nel 1799 e proprio per le sue qualità ed eccentricità attrasse l’amicizia di Dickens che durò più di venticinque anni. Si erano conosciuti tramite John Macrone, (1809-1837) caro amico dello scrittore ed editore di Sketches by Boz, il quale anche lui si interessava di scultura e collezionava busti di personalità letterarie. Angus aveva fatto la guida a Charles Dickens nel 1841 durante un viaggio sulle Highlands scozzesi, ma la loro amicizia si rafforzò grazie all’Italia. Fletcher viveva stabilmente a Genova ma  si spostava con frequenza a Carrara per il suo lavoro. I riferimenti a Fletcher, che lui chiama “Mr. Kinderheart”, sono numerosissimi. Fletcher come scultore ebbe un successo modesto: molte delle sue sculture vennero esposte alla Royal Academy tra il 1831 e il 1839, tra queste anche un busto in marmo di Carrara raffigurante Dickens. Lo scultore morì nel 1862 in seguito ad un collasso alla stazione ferroviaria, causando un grande dolore allo scultore.

In una lettera sempre indirizzata a Fletcher e datata 13 maggio 1844, si evince che Dickens su suggerimento di Fletcher decide di trovare una casa a Genova anziché a Pisa. Dickens conclude la lettera in modo ironico “Non sarebbe meglio che la tua camera da letto fosse al pian terreno per paura che quei blocchi di marmo che stai scolpendo possano cadere e far dei danni alla famiglia? Mi sembra di essere sul tetto mentre guardo con il telescopio: tu sei in piedi vicino a me con una camicia e uno scalpello….Un duplicato di questa lettera l’ho spedita all’altro indirizzo” e l’altro indirizzo non è altro che l’indirizzo di Carrara.

Nella lettera indirizzata a Emile de la Rue e datata Ginevra 18 gennaio 1845 Dickens scrive il suo “Plan de Voyage”Partenza da Genova domenica 19 gennaio. Arrivo a Carrara martedì sera ventuno gennaio. Sosta a Carrara mercoledì 22. Partenza da Carrara giovedì ventitre. Arrivo a Pisa la notte stessa”. Da Pisa secondo il programma sarebbe andato a Livorno e da qui a Roma per poi proseguire per Napoli. Lo scrittore inglese racconta del suo soggiorno a Carrara all’amico Forster nella lettera datata 25 gennaio 1845. In quello stesso giorno scrive una lettera anche a Emile de La Rue senza far riferimento alcuno a Carrara, ma parla dello stato mentale di madame de La Rue, temendo che il breve distacco, in seguito al viaggio di Dickens attraverso l’Italia potess avere dei brutti effetti su di lei. Lo scrittore temeva inoltre che il Fantasma, come probabilmente Madame de La Rue chiama il suo “persecutore immaginario”, potesse prender nuovamente su di lei il sopravvento e che da sola non possa farcela a combatterlo. La paura che le possa prendere un nuovo attacco è fortemente presente in Dickens.

Ma veniamo a Carrara, riportiamo qui di seguito la traduzione integrale della lettera indirizzata a Forster dove ci parla del suo arrivo a Carrara, preceduta da due note dello stesso Fletcher: “Avevano lasciato Pisa quella mattina e il giorno prima Carrara, dove abitava Fletcher con un mercante di marmo inglese: Un uomo dello Yorkshire, che parla italiano con accento dello Yorkshire con un piacevolissimo e comico effetto: un amico eccellente, ospitale e gioioso, che presenta tuttavia una strana benevola mescolanza di perspicacia e semplicità mai viste prima. E’ l’unico inglese da queste parti che sia stato in grado di costruire una casa con servi italiani, ma lo ha fatto in modo tale da essere ammirato, sarebbe una magnifica casa di campagna nel nostro paese da viverci splendidamente(mi ritrovo senza accorgermi a citare Tom Thumb). Mr Walton è un uomo dal cuore straordinariamente gentile che ha un compassionevole rispetto per Fletcher, per il quale la sua casa è aperta come se fosse casa sua, cosa è per metà commovente e per metà patetica. L’altro giorno Walton ha pagato per lui un centinaio di sterline, che  ben sapeva che non avrebbe mai rivisto.

A Carrara: C’è un bellissimo teatrino, costruito in marmo; l’avevano illuminato quella sera in mio onore: C’era un’opera veramente bella, ma è curioso che il coro fosse costituito da tempo immemorabile dai cavatori che non conoscono una nota musicale e cantano interamente a orecchio. Il teatro era pieno all’inverosimile ed io fui accolto molto bene, una delegazione ci aspettava sul palco, poi, all’orchestra fu concesso di andarsene in blocco per farcii una serenata a casa di  Mr. Walton”.

Questa lettera è sicuramente un documento molto interessante in quanto Dickens ci regala un interessante ritratto dell’inglese William Walton (1796-1872), il cui nome è strettamente legato alla storia del marmo e alla città di Carrara nel XIX secolo. Dickens, aveva ricevuto la visita di William Walton, o più semplicemente Guglielmo Valton come lo chiamano ancor oggi i carraresi, nella sua casa londinese nel luglio del 1845: fu proprio in quell’occasione che lo scrittore regalò a Walton un suo ritratto in una cornice dorata. Il richiamo a Walton e al suo straordinario carattere lo ritroviamo in una lettera datata 9 luglio 1846 indirizzata da Dickens da Losanna, al suo caro amico H.P.Smith che visiterà Carrara insieme alla sua moglie e anche lui sarà ospite di Walton. La lettera è accompagnata da una lettera di raccomandazione indirizzata a  Mr Walton.

A H.P.Smith, 9 luglio 1846

Ms Huntington Library.

Rosemont, Losanna. Nove luglio 1846

Mio caro Smith,

mi vergogno per essermi dimenticato di dare la vostra lettera di Presentazione al mio uomo italianizzato dello Yorkshire. Eccola, conformemente al vostro promemoria fatto avere a mio fratello Alfred. Vedrai che è un bravo, comune e semplice scapolo il cui vino, sigari, brandy e acqua  ho punito crudelmente quando ero da quelle parti.(…)

A Mr Walton

MS Huntington Library

Losanna, Svizzera. Nove luglio 1846

Mi permetta di presentarle la Signora e il Signor Smith, miei amici speciali, per i quali noi abbiamo un grandissimo riguardo. Non c’è bisogno di dirle altro se non di raccomandarli alla vostra gentile cura. Il Signor Smith è stimolato dai miei racconti delle cave di marmo e degli studi di Carrara da avere il desiderio di vedere quelle meraviglie ed io gli ho detto che nessuno può mostrargliele sufficientemente e piacevolmente come lei.

Creda sempre in me, i miei rispetti

Charles Dickens

Egregio William Walton

Facendo un passo indietro alla lettera a John Forster si capisce che Walton ha aiutato molto l’amico Fletcher nella risoluzione dei sui problemi finanziari; Walton gli aveva messo a disposizione anche la propria casa durante i soggiorni a Carrara. Sempre in nota alla lettera si fa riferimento a due storie a proposito di Fletcher che Walton raccontò a Dickens a Carrara, come ci viene riportato da Forster nel suo già citato The life of Charles Dickens: “La prima storia che fece divertire incredibilmente Dickens fu quando Fletcher presentò al mercante di marmo  un inglese sconosciuto: il suo soggiorno là (a Carrara) per dieci giorni senza essere stato invitato e infine le passeggiate dove si presentava in camicia, un paio di calzettoni,il foularino al collo, il  fazzoletto da tasca eccetera ed eccetera che appartenevano a Mr Walton e che non riapparvero più  dopo quel momento. La seconda storia riguardava sempre Fletcher, il quale confessò che gli era stata data una fattura di 30 sterline da un uomo di Carrara: il mercante di marmi gli chiese                                                                                                     “Ti sei organizzato come affrontarlo alla scadenza?”Fletcher rispose prontamente “Si” e alla successiva domanda di Walton “Come?”aggiunse con i suoi modi educatissimi “Mi sono organizzato per farmi saltare le cervella il giorno prima!”

Dickens non ci dà alcuna descrizione dei monumenti del centro storico nelle lettere, invece, ma cita “un bellissimo teatrino fatto di marmo” dove è evidente il riferimento al Teatro degli Animosi. In Pictures from Italy la descrizione del teatro coincide più o meno con quella delle lettera: “La città contiene un bellissimo e piccolo Teatro, costruito da poco. Là si riscontra una interessante abitudine: il coro è formato dai cavatori che sono degli autodidatta e cantano a orecchio. Li ho sentiti in un’opera comica e in un atto della Norma e non si sentono colpevoli a differenza delle persone comuni in Italia che generalmente (fatta eccezione per i napoletani) sono ignobilmente stonati ed hanno voci molto sgradevoli”.

In quest’ultimo aggiunge un dettaglio che non è presente nella lettera e cioè l’opera comica e l’atto della Norma. Certamente il Teatro, che era stato costruito pochi anni prima, nel 1839, su disegno dell’architetto lucchese Giuseppe Pardini deve essere apparso molto bello a Dickens grazie anche all’illuminazione. Il fatto che insieme a Walton ci fossero le personalità più in vista della città, testimonia quanto ormai l’imprenditore dello Yorkshire fosse conosciuto, apprezzato e ben inserito negli ambienti carraresi.

Interessante anche l’accenno all’orchestra, la quale finita l’opera, “turning out in a body” si diresse in tutta fretta a casa di Walton per suonare ancora per l’illustre ospite.

Qui si apre il problema di dove vivesse Walton e quindi dove soggiornò Dickens a Carrara. Se prendiamo per buono quanto ci viene riferito nell’articolo contenuto nella Rivista Terra Nostra, la sua abitazione non era molto lontana dal Teatro Animosi. Walton infatti risiedeva nel Palazzo che si trova nell’attuale Corso Rosselli, dove nel 1878 venne apposta la targa commemorativa del Comune di Carrara in suo ricordo: “Alla sua morte il Comune (la morte di Walton avvenne nello Yorkshire il 12 aprile 1872), interprete dei sentimenti unanimi dei cittadini, fece apporre nella casa ch’Egli aveva abitato una lapide marmorea con la seguente dedicaAd onoranza di G. Walton che a comune vantaggio, amplio il Commercio Carrarese, il Municipio riconoscente, pose imperituro ricordo, l’ann0 MDCCCLXXIII”. Sempre nello stesso articolo si dice che proprio questo Palazzo negli anni Cinquanta era diventato anche sede del Consolato di sua Maestà Britannica e del Consolato degli Stati Uniti in virtù del fatto che Walton fu Console Americano dal 1852 al 1854 e Console Britannico dal 1855 al 1857, quindi tutto lascerebbe supporre che Charles Dickens avesse soggiornato in quel Palazzo. Ma tale ipotesi contrasta con ciò che riporta Carlo Lazzoni nella sua opera “Carrara e le sue Ville”, secondo i quali il Palazzo del prof. Lazzerini Tommaso  era stato costruito nel 1847 secondo il disegno di Giovanni Pollina, la cui facciata era stata progettata dall’architetto tedesco A.Hansel. Lazzoni  scrive anche che nel terreno del Palazzo c’era il Laboratorio di scultura di Pietro Lazzerini figlio di Tommaso.

In ultima analisi si può dire che il tour di Dickens a Carrara  abbia toccato due pietre miliari della città le cave e i laboratori di scultura, infatti in Pictures from Italy Dickens racconta di aver visitato uno dei molti studi di scultura presenti a Carrara : “Trovandomi in uno dei molti studi di Carrara, quel pomeriggio, un grande laboratorio pieno di copie in marmo splendidamente rifinite, di figure, gruppi marmorei e busti, mi sembrò  inizialmente così strano che quelle squisite forme, ricolme di grazia, di filosofia e di delicata armonia, siano uscite da tutta questa sofferenza, dal sudore e dalla tortura!” Quale fosse il laboratorio citato da Dickens non è facilmente rintracciabile. Nella Carrara dell’epoca i laboratori erano numerosi, possiamo affermare con certezza che si tratta di qualche laboratorio di cui Walton conosceva bene il proprietario.

Dickens insieme a Walton e a Fletcher lascerà Carrara giovedi mattina 24 gennaio diretti prima a Pisa e poi a Livorno, arrivato a Pisa Dickens si appresterà a partire successivamente per Roma. In realtà lo scrittore inglese tornò a Carrara come si evince dalla lettera datata 26 marzo 1845 indirizzata a Carrara a Fletcher. La lettera è scritta da Narni, luogo di sosta consigliato dalla guida Murray per i viaggiatori a due giorni di viaggio da Roma:

Indirizzo al Signore Angelo Fletcher. Scultore. Carrara.

Narni. Mercoledi notte. 6 marzo 1845

“Mio caro Fletcher, se io aspetto a scrivervi una lettera con nessuna novità, non dovrei scrivervi affatto, comunque eccone una con niente di nuovo.

Se io vi abbia mai detto che dovrei essere a Carrara entro il 1 di Aprile, deve essere stato dopo innumerevoli fiaschi di vino di Carrara. Per nessuna idea al mondo l’ho pensato poiché dovrei lasciare Firenze o venerdì 4 o sabato 5 di aprile…quindi scrivimi due righe indirizzate a Fermo Posta Firenze per dirmi se Walton  è pronto ad andare in Inghilterra e dove verrai a prenderci, con l’idea di passare qualche giorno nelle cave. A ricevimento di quella lettera da Firenze ti dirò esattamente quando partiremo e specificando le nostre esigenze e i nostri desideri nel trovarci una sistemazione a Massa o da qualsiasi altra parte tu ritieni opportuna.”

Con tutta probabilità Dickens lasciò Firenze il 4 o il 5 di aprile e raggiunse Genova il 9, trascorse quindi la notte del 7 a Carrara come ci riferisce nella lettera del 28 luglio dello stesso anno inviata a De La Rue.

In questa lettera scritta da Dickens dall’Inghileterra c’è un interessante riferimento a Carrara : “ Walton è stato qui ieri e ha cenato qui. Ho pensato che non sembrava troppo a suo agio qui, sebbene non avessimo fatto alcuna festa : c’erano soltanto tre o quattro dei miei familiari. Con esattezza non abbiamo ballato. Parsadiso santo! Ti ricordi quel folle tentativo con quel fantastico piede leggero nella Città di Carrara una domenica nell’ora più terribile della notte! La profonda detenzione di quell’ora non verrà mai cancellata dalla mia memoria. Il Conte quale fosse il suo nome…lo vedo ancora danzare con la nipote di quel canuto e ruffiano Professore Svedese. Dalla cui barba ricadeva Audacia Amen!”

E qui si concludono i riferimenti di Dickens a Carrara. Esattamente dieci anni più tardi nel luglio 1855, giungerà a Carrara l’amico Daniel Maclise (1806-1870) la cui guida, Guido Merli, gli confessò di essere stato la guida del grande Dickens alle cave insieme a Catherine la moglie e alla cognata Georgina.

Il riferimento alla guida Guido Merli è molto interessante in quanto, questo “cicerone” viene citato da C.Lazzoni insieme a Achille Fucina, i quali scrivono che queste due guide “fanno recapito specialmente presso gli alberghi cittadini”. Il servizio di guide turistiche era attivo fin dal 1827 “quando la municipalità carrarese sentì il bisogno di stipendiare una persona qualificata, all’epoca Giuseppe Franzoni, conoscitore del francese e del tedesco, con l’incarico di svolgere il lavoro di guida turistica autorizzata; per i numerosi personaggi illustri che intendevano visitare le bellezze della città apuana, era invece tradizione che fosse il direttore dell’Accademia di Belle Arti a riceverli e a guidarli. Nel 1874 lo Zolfanelli afferma che le guide appartenevano alla famiglia Merli e per una gita ai laboratori cittadini , praticavano una tariffa di cinque lire.

Passiamo adesso alla descrizione di Carrara presente in Pictures from Italy. Esistono due traduzioni in lingua italiana di questo testo, si propone tuttavia una nuova traduzione da me effettuata. La traduzione ri-proposta riguarda la parte iniziale del capitolo To Rome by Pisa and Siena (A Roma attraverso Pisa e Siena) che contiene i due paragrafi Camogli from the coast Road (Camogli dalla strada costiera) e a Survival of old methods (Sopravvivenza di antichi metodi), quest’ultima parte contiene la descrizione di Carrara. Ho deciso di inserire anche la traduzione del testo che precede l’arrivo di Dickens a Carrara, quindi il viaggio da Genova lungo la costa ligure, per evidenziare quelle peculiarità del territorio ligure-apuano, che Dickens sembra aver percepito totalmente, quel territorio in cui Carrara è inserita e di cui ne condivide le radici storiche e culturali. Di particolare interesse letterario è la descrizione della strada, ricca di vegetazione mediterranea, che da Genova conduce a Camogli, come la strada che attraverso il Passo del Bracco, in quel tempo unica via di collegamento tra Genova e la Toscana,  e infine la Magra, che a causa della piena non è attraversabile. Tale impedimento costringe Dickens a pernottare a La Spezia, cittadina che gli piace per tre motivi: per la bella baia su cui si estende la città, per il suo alberghetto spettrale e infine per i cappellini delle donne, simili ai capellini di paglia delle bambole, portati su un lato.

Giunto a Carrara, raggiunge le cave sui pony. Delle emozioni e sensazioni provate da Dickens di fronte allo scenario delle cave di marmo ce ne parla ampiamente Alessandro Volpi nel suo saggio già citato.

La visione delle cave  genera nello scrittore inglese un vero e proprio astonishment, fino a raggiungere quella forte emozione del Sublime proprio nel senso in cui intendeva il filosofo Edmund Burke. La descrizione del duro lavoro nella cava di marmo, dello sfruttamento delle bestie da parte dell’uomo tocca dei momenti di alto lirismo. La grandezza di queste montagne dalle forme appuntite quasi a ricordare le grandi cattedrali gotiche, annulla ogni altra cosa che possa avere bellezza e valore artistico: la descrizione delle gole tra le montagne, delle strade attraverso cui passano i buoi denotano sicuramente una sua particolare predilezione per una vena visionaria ed allucinata e la sua capacità ossessiva e melodrammatica di mettere in luce gli aspetti fangosi dell’esistenza. Questa affermazione trova conferma nel testo dello studioso inglese Mario Praz, il quale sottolinea la capacità dello scrittore “tirare fuori il torbido che permeava lo strato subconscio del secolo”.

Pertanto di fronte all’immagine di un’Italia solare Dickens riesce a trasmetterci un’altra realtà che, se scremata dal gusto del macabro e del sordido, ha una sua verità e cioè quella di un paese già malato, o forse già scaduto. Più di una volta lo scrittore, che proveniva da una Inghilterra progredita sul piano tecnologico e industriale, ripete che lo scenario del lavoro delle cave che aveva davanti ai suoi occhi era praticamente immutato da cinquecento anni. Lo colpiscono l’arretratezza, la bruttura dell’uomo, la sua violenza nel voler dominare a tutti costi la natura, la sua rabbia verso il mondo e in particolare il sadismo del cavatore che con l’asta appuntita, non contento di infilzarla nella carne dei buoi, quando stremati dalla fatica si fermano, gliela avvita nelle narici del naso per scuoterli e farli camminare di nuovo. E gli animali non si ribellano scendono lenti lungo le strade fatte di sassi sopportando con rassegnazione il dolore, dimostrando forse di essere meno bestiali degli esseri umani.

Non manca una nota critica da parte di Dickens nei confronti del Duca Francesco IV e al fatto che sarebbe stato molto semplice eliminare tutta questa sofferenza con la costruzione di una semplice ferrovia. Questa idea potrebbe alludere al fatto che, proprio nel momento in cui Dickens si trovava a Carrara, Walton venne incaricato dal governo estense di elaborare un progetto di ferrovia per il trasporto del marmo, e che quindi partecipasse a delle conversazioni relative a tale progetto. La Ferrovia verrà inaugurata nel 1876.

Nell’ultima parte del resoconto Dickens fa riferimento alla visita ad un laboratorio in città e di fronte alla bellezza, grazia e armonia delle sculture, volgendo lo sguardo verso le montagne ammantate dal rosso del tramonto, si chiede come è possibile che forme così eleganti derivassero dalla sofferenza, dal duro lavoro e dalla tortura. Tuttavia lo scrittore inglese non lascia la sua domanda senza risposta e dopo una brevissima riflessione infatti commenta: “Ma trovai subito un parallelo e una spiegazione a questo in ogni virtù che scaturisce da un terreno afflitto e in ogni cosa buona che ha origine nel dolore e nell’angoscia. Quante cave di cuori e anime umane capaci di risultati ancor più belli sono lasciate chiuse e mandate in rovina; e mentre passano i viaggiatori di piacere attraverso gli anni, distolgono lo sguardo e rabbrividiscono di fronte alla tetraggine e all’asperità che le celano”

E con queste parole si chiude il viaggio di Charles Dickens nella capitale del marmo, di cui ne ha compreso la sue bellezze, la sua unicità cosi come le sue fragilità.

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